domenica 22 agosto 2010

La società dei lamenti.

Oggi la gente ha come sport preferito il lamentarsi.
Di per se la cosa non sarebbe deprecabile, se il lamento fosse giustificato (le cause della situazione ritenuta negativa sono effettivamente solo esogene) e se ad esso fossero fatte seguire delle azioni mirate al miglioramento.
Nella stragrande maggioranza dei casi non sussistono nessuna delle due giustificazioni.

“Giovani” di trent’anni neolaureati si lamentano dal bar alle 5 del pomeriggio di un martedì di non avere un lavoro a loro dire degno degli studi fatti.
Gente che si lamenta del fatto di faticare ad arrivare a fine mese parlando all’amico con il cellulare da mezzo stipendio.
Per queste categorie di persone solitamente non c’è possibilità alcuna di un ritorno nel mondo terreno: si può solo evitarle.

Altri, però, si trovano effettivamente in situazioni sfortunate non a causa loro: pensiamo a chi si trova a Milano, con un lavoro, a trentacinque anni e senza la possibilità di pagarsi una casa e di fare un figlio perché con lo stipendio da fame che percepisce dalla multinazionale dovrestiesserefierodilavorarepernoi o ringraziaicielocheunlavorocel’hai di turno riesce a malapena a pagarsi l’affitto del bilocale da 35 metri quadrati in cui vive con la moglie.
Anche questi fieri eroi dei tempi moderni non devono però cadere nell’errore dell’eterno lamento, in quanto passato un certo periodo di tempo si perde il diritto di lamentarsi, a meno di non aver provato varie soluzioni atte al miglioramento. Nel caso citato può essere iniziare un’attività indipendente oltre al lavoro che già si ha, più semplicemente provare a cambiare lavoro, provare a trasferirsi in un posto in cui le case costano meno.

Deve essere chiaro che tutte le soluzioni ai problemi comportano sacrifici. Non si può pretendere di avere qualcosa in cambio di nulla, perché a questo mondo, diversamente da quanto credono alcuni alternativoidi rimasti storditi dalle troppe droghe consumate in gioventù, niente viene gratis. Ad ogni conquista corrispondono uno o più sacrifici. Alle volte addirittura a certi sacrifici non corrisponde nessuna conquista.

Ricordiamoci che i nostri doveri sono più dei nostri diritti: se ci ostiniamo a credere che uno nasca con altri diritti oltre a quello alla vita (che però spesso non rispettiamo, curiosamente) ed al libero pensiero/espressione (anche questo spesso tarpato) ci sbagliamo di grosso, e ci avviamo verso un futuro ben fosco, in cui chi pensa prima a fare e poi a chiedere ci sopravanzerà e dominerà inesorabilmente.

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