venerdì 28 gennaio 2011

Un Piano di Giusti Valori

In questo periodo teso e denso di immoralita’ politica, molti si schifano, si indignano o propongono soluzioni tipo “pane gratis”.
Dato per assodato che abbiamo un problema, che soluzioni si propongono per una rinascita morale, economica e di valori della nostra vituperata nazione?
Andro’ in vari post a specificare alcune proposte pratiche per migliorare la nostra vita di tutti i giorni, piccole rivoluzioni che attuerei se fossi un plenipotenziario e dispotico dittatore italiota.
Cominciamo con famiglia e scuola.

Famiglia

Come ben sappiamo, la famiglia e’ il luogo principale di formazione degli esseri umani, e certamente lo sgretolamento della stessa e’ causa principale del decadimento morale e della corruzione imperante oggigiorno. Al fine di rafforzarla imporrei:

- Introduzione dei PACS, validi unicamente per unioni di persone dello stesso sesso (non per coppie etero quindi). I PACS darebbero alle coppie omo gli stessi diritti del matrimonio, ad esclusione di a) diritto di adozione e b) eventuali sgravi fiscali, da riservarsi all’incentivazione di famiglie in grado di generare prole.

- Abolizione di ogni diritto, oltre a quelli personali, per le coppie di fatto.

- Introduzione di una tassa pari al 5% del reddito per i single che guadagnano piu’ di 30.000 euro l’anno.

- Introduzione di una tassa del 3% per le coppie senza figli sposate da piu’ di due anni e con reddito complessivo superiore ai 40.000 euro (esclusi casi di sterilita’).

- Trasferimento dei fondi ottenuti tramite le due tasse di cui sopra alle coppie con due o piu’ figli, di reddito complessivo inferiore ai 40.000 euro l’anno (due figli) o 50.000 euro (tre o piu’). Le sovvenzioni dovranno essere ovviamente inversamente proporzionali al reddito complessivo e aumentare all’aumentare del numero di figli.

Scuola

Dopo la famiglia, la scuola in tutte le sue declinazioni (dalla materna all’universita’) e’ la principale responsabile della formazione delle future generazioni. Dati gli adulti di oggi per persi, vediamo come investire meglio sul futuro.

Per le scuole dell’obbligo e le Superiori, i principali obbiettivi da perseguire sono:

- Aumento della qualita’ dell’insegnamento.
- Aumento della retribuzione di insegnanti e professori.
- Riallineamento delle materie studiate ai tempi attuali ed alle condizioni specifiche del paese (prima priorita’: il miglioramento della conoscenza delle lingue, altamente deficitario in Italia).

Vediamo quindi cosa cambiare...

Materna

- Ritorno all’insegnante unica, piu’ una insegnante di sostegno per alunni disabili (una ogni uno-due) e una per l’insegnamento della lingua inglese (cui si dedichera’ il 20% delle ore di insegnamento).

- La selezione delle insegnanti da mantenere e’ da basarsi su una prova scritta (uguale su tutta la nazione) di diverse materie.

- Le insegnanti che non verranno mantenute riceveranno come compensazione 24 mensilita’. Un one-shot costoso ma recuperabile in breve tempo vista l’economia di costi.

- Aggiunta di 1 ora al giorno di educazione fisica al normale orario scolastico.
Medie

- Riduzione di un terzo del corpo docenti (selezione sempre a mezzo prova scritta). I professori non mantenuti disporranno di una compensazione di 24 mensilita’.

- Riversamento dell’economia di costi (a partire da due anni dopo) sullo stipendio dei professori conservati.

- Introduzione di una seconda lingua straniera obbligatoria. Il totale ore dedicato all’insegnamento dell’inglese + altra lingua deve ammontare al 30%.

- Obbligo per gli alunni non frequentanti l’ora di religione di sfruttarla per fare esercizi nella materia in cui hanno il voto piu’ basso.

- Aggiunta di 1 ora al giorno di educazione fisica al normale orario scolastico.

Superiori

- Aggiunte tre ore al giorno di attivita’ didattiche. Una da dedicarsi all’educazione fisica, una alle lingue straniere, una alle materie specifiche dell’indirizzo scelto.

- Riduzione di un terzo del corpo docenti (selezione sempre a mezzo prova scritta). I professori non mantenuti disporranno di una compensazione di 24 mensilita’.

- Riversamento dell’economia di costi (a partire da due anni dopo) sullo stipendio dei professori conservati.

Per quanto concerne l’Universita’, invece, gli obbiettivi da perseguire sono diversi:

- Adattare il numero di laureati per facolta’ alla realta’ nazionale (primo punto).
- Eliminazione degli studenti-zavorra (secondo e quarto punto) o utilizzo degli stessi per il foraggiamento di quelli meritevoli in condizioni economiche non fulgide (terzo punto).
- Eliminare l’importanza politica dei professori e foraggiare le universita’ produttive (quinto punto).

Universita’

- Introduzione del numero chiuso in tutte le facolta’.

- Aumento drastico delle tasse di iscrizione per gli studenti fuoricorso, incrementale all’incrementare del ritardo: raddoppio al primo anno di ritardo, poi +50% ad ogni anno supplementare.

- Utilizzo dei fondi recuperati per l’istituzione di corpose borse di studio per studenti con famiglie di reddito basso e di media uguale o superiore al 27.

- Perdita di ogni tipo di borsa di studio se lo studente non e’ in corso.

- Finanziamento all’universita’ legato al numero di laureati che hanno trovato impiego fisso entro un anno dalla laurea.

mercoledì 8 dicembre 2010

Nota

Da circa un mese mi sono trasferito negli Stati Uniti, dove le tastiere non hanno gli accenti.
Mi scuso per l'utilizzo di apostrofi a sproposito, ma non sono tecnologicamente in grado di inserire caratteri manualmente.

L’agevole accesso alle informazioni e l’equivoco della conoscenza.

La terra e’ un posto molto bello, affollato, diversificato.
Gli ultimi dieci anni hanno visto l’espandersi, nel mondo civilizzato almeno, della banda larga, che ha portato incredibili trasformazioni nel modo di comportarsi della gente.
Fate uno sforzo mnemonico e andate indietro all’anno duemila: niente video su youtube, 2 minuti per caricare una pagina della gazzetta dello sport, niente googlemaps, diffusione abbastanza limitata delle email.
Oggi, ad un prezzo sostenibile da una grande fetta della popolazione del primo mondo, si puo’ avere accesso sul proprio telefono cellulare ad una serie di servizi che solo dieci anni fa erano impensabili su un PC di fascia alta.
Tutto questo ha portato immensi benefici per tutti, soprattutto dal punto di vista della disponibilita’ di informazioni e di interazione tra persone distanti fisicamente (consiglio per un approfondimento l’ottimo “The World Is Flat” dell’editorialista del New York Times, Thomas Friedman).
Molti pensano che avere piu’ informazioni equivalga ad una maggiore conoscenza, ma si incorre in un gravissimo errore: quello di dimenticare l’importanza degli strumenti.
Serve tempo e sforzo (una parola poco amata oggi) per imparare qualcosa. Certi studiano sei anni per diventare chimici, altri impiegano una vita per diventare maestri di Karate, architetti, pittori.
Deve esserci chiaro pero’, che se domani io scarico un manuale di Chimica Organica, non divento automaticamente un esperto di chimica organica. Rimango semplicemente lo stesso pirla di prima con in piu’ un file .pdf di un manuale di chimica organica.
La rete ed I forum invece pullulano di esperti di politica internazionale, di politica economica, di scienza delle finanze, eccetera. “l’ho letto su internet”, “guarda cose dice questo link”. Frasi lette spesso, solitamente scritte da studenti fuoricorso di una qualche disciplina inutile che con un paio di click pensano di aver trovato la scorciatoia per evitare anni di studi di una materia piuttosto che un’altra.
Se internet ha certamente reso le nostre vite piu’ semplici e migliori sotto parecchi punti di vista (e tra queste certamente la possibilita’ di reperire piu’ informazioni, meno filtrate, piu’ in fretta), dall’altra ha creato in molti la (vana) speranza di essere piu’ sapienti senza difficolta’.
Riscopriamo l’umilta’ ed il piacere di imparare le cose con la perseveranza e l’impegno costante.

giovedì 26 agosto 2010

Studiare è un lusso.

Qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato online un articolo sullo stato dei ventenni americani, che dopo essere usciti di casa per studiare al college o per fare un PHD tornano bellamente a farsi lavare le mutande dai genitori.

Mentre al Times si chiedono con preoccupazione che succederà, sul sito dell’italico Corriere della Sera spunta un articolo che più o meno glorifica la categoria dei mantenuti che a 30 anni non hanno ancora capito cosa vogliano dalla vita.

Si parla di tale Denis Trivellato, un ragazzone milanese di 28 anni con la faccia simpatica, un irriverente mullet anni ’80 ed il pizzo alla Gennaro Gattuso, che dopo aver concluso l’istituto alberghiero, racconta, si è laureato in Filosofia per poi rendersi conto in seguito di voler fare anche la facoltà di Psicologia.

Seguono momenti in cui racconta della sua terribile battaglia con la vita ed il consumismo, di come fieramente si quasi-mantenga (ottenendo dai suoi genitori solamente un alloggio e parte del vitto) spendendo solo 14 euro al giorno.

Credo che l’idea sottostante l’articolo fosse più o meno quella di far capire che non tutti quelli che in età relativamente avanzata ancora studiano e si fanno mantenere dai genitori siano dei fancazzisti mangiapane a tradimento.

Mi vengono in mente due cose.
Anzitutto, se l’autore sapesse fare i conti capirebbe che non c’è nulla di eccezionale nel vivere con 14 euro al giorno se si è mantenuti, in quanto:

a) 14 x 365 = 5.110€ all’anno. Se contiamo che per vivere a milano (non mantenuti) servono, per la sopravvivenza, minimo 700€ al mese tra casa e cibo, allora:
b) 5.110 + (700 x 12) = 13.510€, ossia l’equivalente di uno stipendio netto di circa 1.040€ al mese (con tredicesima), più o meno quello che guadagna molta gente giovane che si mantiene a Milano.

Non vedo quindi l’eccezionalità, dal punto di vista delle economie, dell’impresa di Denis.

In secondo luogo, si manca il punto più importante: che cazzo ci fa Denis a 28 anni a prendersi la seconda laurea?

Fare l’università non è un diritto, bensì un lusso che i genitori benevolmente concedono. Un figlio ha il dovere di fare gli studi bene, senza ritardi, e di scegliersi la strada con coscienza.

Non ci si può svegliare a 25 anni capendo di voler studiare Psicologia, Ingegneria, Scienza dell’Ortofrutta.

Ricordo le parole del mio giusto padre quando passai la maturità:
“Figlio, ora sei diplomato. Grazie a Dio, se lo vuoi, la nostra famiglia ha la fortuna di poterti permettere un’università. Scegli ciò che vuoi, pensandoci bene, e sappi che sarai sovvenzionato per la durata standard del tuo cursus studiorum. A partire dal primo giorno fuoricorso dovrai mantenerti esclusivamente con i tuoi mezzi, perchè nostro dovere è darti le opportunità, non mantenerti per sempre.”

Questa è l’attitudine da seguire, ed un figlio, a 28 anni, non dovrebbe gloriarsi del fatto di gravare poco sulle economie della famiglia. Non dovrebbe gravarci proprio, da anni.

Ancor più grave è che un quotidiano nazionale presenti questo tipo di (non più) giovani come un esempio virtuoso e non, come si dovrebbe, come una anomalia dei nostri troppo agiati tempi moderni.

mercoledì 25 agosto 2010

La fine della tauromachia

La catalogna vieta la corrida; già agonizzante per mancanza di spettatori, l'arte di "matar el toro" è stata definitivamente messa al bando.

La vittoria degli "animalisti" e dei "non violenti".
Non è ora mia intenzione esaminare la piaga dell'animalismo, magari in futuro, voglio invece rammaricarmi per la scomparsa dell'ultimo scampolo di una nobilissima espressione della "Tauromachia".

Tauromachia, parola che suscita in noi deboli, flaccidi e viziati occidentali moderni, un moto di ilarità.
Parola che leghiamo ad un "machismo" antico, gretto e ignorante.
In realtà la lotta, e i giochi, contro i bovini, simbolo e mezzo di potente virilità, hanno un'antichissima tradizione, plurimillenaria, che non si esaurisce affatto ma, purtroppo, come stiamo assistendo, si estinguerà, almeno in europa , nella "corrida de toros".

La lotta, la sfida virile fra maschi, non ha come unico campo di utilizzo e unica direttrice la guerra; ogni società ha avuto, e in alcuni casi ha ancora, espressioni di violenza, pur contenute, non destinate alla morte di uno dei contendenti, ma con schiette caratteristiche guerresche e fisiche.

Noi europei ne facemmo regolare uso, nella nobile forma del duello.
Ancora poco più di un secolo fa, non era cosa da suscitare chissà quale scandalo, benchè le autorità si siano sempre impegnate alla sua repressione, ma scarsamente, più per una facciata d'ordine che per altro.
Perchè si, come era ovvio all'epoca, l'onore senza forza di difenderlo non ha modo di esistere.

La conoscenza della morte e della violenza, come ci ispirano le società antiche e, ad oggi, alcune tribali, non implica necessaramente la bruttura e la decadenza; al contrario, generano una profonda conoscenza che porta la necessaria consapevolezza.

Questa comprensione nella nostra società è limitata, annacquata, affogata da stereotipi e immagini provenienti da lontano, imprecise e distorte.
Ed è per questo, che quando viene messa in atto, al di la di qualsiasi ragione lo si faccia, essa è quasi sempre mal controllata e mal utilizzata, anche dai "professionisti" come le forze dell'ordine.
L'humus in cui svilupparla, questa professionalità, non esiste più.

I nostri giovani cresciuti nella bambagia, quando avranno da doverla affrontare, perchè capita e capiterà, ne saranno colti di sorpresa, sprovveduti, indifesi, non pratici, la useranno con perfidia animalesca o la subiranno pateticamente.

Oggi la risposta sono i surrogati della violenza, la "competizione non violenta", in tutti i campi.
Intendo proprio tutti: dalla competizione aziendale, allo sfoggio di volgari oggetti e la lotta per chi sperperi più denaro possibile, alla partita a calcetto alla domenica.

Inadatte soluzioni e femminee risposte.





domenica 22 agosto 2010

La società dei lamenti.

Oggi la gente ha come sport preferito il lamentarsi.
Di per se la cosa non sarebbe deprecabile, se il lamento fosse giustificato (le cause della situazione ritenuta negativa sono effettivamente solo esogene) e se ad esso fossero fatte seguire delle azioni mirate al miglioramento.
Nella stragrande maggioranza dei casi non sussistono nessuna delle due giustificazioni.

“Giovani” di trent’anni neolaureati si lamentano dal bar alle 5 del pomeriggio di un martedì di non avere un lavoro a loro dire degno degli studi fatti.
Gente che si lamenta del fatto di faticare ad arrivare a fine mese parlando all’amico con il cellulare da mezzo stipendio.
Per queste categorie di persone solitamente non c’è possibilità alcuna di un ritorno nel mondo terreno: si può solo evitarle.

Altri, però, si trovano effettivamente in situazioni sfortunate non a causa loro: pensiamo a chi si trova a Milano, con un lavoro, a trentacinque anni e senza la possibilità di pagarsi una casa e di fare un figlio perché con lo stipendio da fame che percepisce dalla multinazionale dovrestiesserefierodilavorarepernoi o ringraziaicielocheunlavorocel’hai di turno riesce a malapena a pagarsi l’affitto del bilocale da 35 metri quadrati in cui vive con la moglie.
Anche questi fieri eroi dei tempi moderni non devono però cadere nell’errore dell’eterno lamento, in quanto passato un certo periodo di tempo si perde il diritto di lamentarsi, a meno di non aver provato varie soluzioni atte al miglioramento. Nel caso citato può essere iniziare un’attività indipendente oltre al lavoro che già si ha, più semplicemente provare a cambiare lavoro, provare a trasferirsi in un posto in cui le case costano meno.

Deve essere chiaro che tutte le soluzioni ai problemi comportano sacrifici. Non si può pretendere di avere qualcosa in cambio di nulla, perché a questo mondo, diversamente da quanto credono alcuni alternativoidi rimasti storditi dalle troppe droghe consumate in gioventù, niente viene gratis. Ad ogni conquista corrispondono uno o più sacrifici. Alle volte addirittura a certi sacrifici non corrisponde nessuna conquista.

Ricordiamoci che i nostri doveri sono più dei nostri diritti: se ci ostiniamo a credere che uno nasca con altri diritti oltre a quello alla vita (che però spesso non rispettiamo, curiosamente) ed al libero pensiero/espressione (anche questo spesso tarpato) ci sbagliamo di grosso, e ci avviamo verso un futuro ben fosco, in cui chi pensa prima a fare e poi a chiedere ci sopravanzerà e dominerà inesorabilmente.

L'inutile politica.

Le “democrazie occidentali” non ci rappresentano per nulla.
La cosa è curiosa dato il fatto che “democrazia” significa “potere del popolo”.
Ad oggi, il cittadino medio non ha assolutamente nessuna capacità di influire sulla scelta degli eletti, ma solo (nella più fortunata delle ipotesi) la possibilità di decidere chi far sedere in parlamento da una lista di persone scelte da un sistema chiuso ed autoreferenziale che sono i partiti.
Oramai ci siamo lentamente assuefatti alla cosa, ma resta allucinante, più che altro per l’assoluta impermeabilità del sistema politico.

La prossima volta che andate a votare, fermatevi per un momento a leggere la lista dei candidati del partito che votate.
Pensate anzitutto a quanti ne conoscete.
Poi, pensate, per quelli a voi noti, per quali ragioni vi sono noti: hanno fatto qualcosa di speciale o semplicemente li avete sentiti nominare più volte?
La stragrande maggioranza di chi siede in parlamento, senato, governo, lo fa in quanto deciso a tavolino da un gruppo di persone ristretto e non a seguito del nostro beneplacito: l’affermazione è forte, ma perché è cosi?

Facciamo un esempio. Il partito A sa di avere, ad ogni elezione, una percentuale di voti oscillante intorno al 20%, equivalente a circa 120 parlamentari. Visto che la percentuale di votanti esprimente una preferenza nominativa è risibile, il partito A sa di poter piazzare, con assoluta certezza, almeno 80 (manteniamo un cospicuo margine di sicurezza) candidati scelti unicamente dai dirigenti di A stesso, semplicemente posizionandoli in alto alle liste.
Si plachino immediatamente frikkettoni e rastamanni con bonghi e cani semirandagi al seguito: non si tratta di una particolarità italiana, non è tutta colpa di Berlusconi. È cosi in tutti i paesi con un certo numero di abitanti (in Islanda abitandoci 15 persone in totale ovviamente si conoscono tutti) dove la democrazia è “evoluta”, ed è curioso notare come i sempre tanto vituperati Stati Uniti siano gli unici in cui qualche barlume di connessione tra il popolo e gli eletti rimanga vivo.

Prima che questo sistema crolli sotto i colpi delle sue debolezze, come successo a tutti i sistemi prima di esso, l’unica possibilità che rimane è non votare, in quanto con qualunque nostro atto da votanti (anche la scheda bianca o la nulla), riconosciamo implicitamente come legittimo questo immorale ed ingiusto sistema instauratosi.